giovedì 1 gennaio 2015

Il divano serve per sedersi

Rendersi conto del disordine è facile, immediato come una sensazione insistente di fastidio.
Mettere a fuoco il disordine è meno immediato, perché la messa a fuoco richiede almeno l'intuizione di un'alternativa: in sostanza occorre avere dentro di sé almeno la scintilla dell'ordine, o, più modestamente, non-disordine. Questa scintilla delinea i contorni del disordine che si presenta ai nostri occhi, quindi ci permette dei metterlo a fuoco.
Il passo successivo richiede coraggio, perché si tratta di afferrare il disordine. Ed il coraggio richiede un momento di silenzio assoluto per emergere: il mondo, non è importante quanto fragoroso sia il suo delirio attorno a noi, deve sfocarsi e perdere consistenza. Si tratta di introdurre un atto creativo, che in quanto tale discrimina l'adesso dal passato. Fare ordine è creare.
Il silenzio. Dentro. Confine tra il disordine ed il non-disordine.
Il silenzio può essere inteso come assenza di suono e così ne si travisa la sostanza.
In primo luogo l'assenza di suono non esiste: almeno dentro di noi si muove sempre un incubo, un ricordo, un morso alla nostra consapevolezza. Tutte cose che fanno rumore.
Inoltre il silenzio è presenza: nulla di più distante dell'assenza.
Il silenzio è presenza di futuro.
Il futuro è realizzazione del progetto intrinseco ad una cosa.
Il divano è un progetto di riposo, accogliente e libero.
Un divano ingombro non può realizzare il progetto per cui è stato costruito: per questo è disordine e assenza di futuro. Non realizzando il suo progetto, il divano ingombro è avvitato nel passato.
Questa consapevolezza ha richiesto la sospensione del fluire degli eventi per essere messa a fuoco: fermando il tempo si è prodotto il futuro.