Filosofia pratica: tutto è azione e reazione di fronte all'esigenza di senso quando questo viene negato, con argomentazioni logiche.
"Perché non ammettere da subito che niente ha senso,e poi godersi in pace quel niente?" Così Pierre Anthon lancia il suo guanto di sfida, appollaiandosi sull'albero di susine dopo essersi allontanato, come un asceta, dall'aula di scuola in cui sta per iniziare la lezione.
"Niente", di Janne Teller |
La risposta dei suoi compagni di classe, incorniciata da una singolare assenza di qualsiasi intervento dal mondo adulto, se non estremamente tardivo, è raccontata da una di loro: Agnes.
Si tratta della tipica risposta dei mediocri di fronte alla potenza della logica negante i loro valori: un intreccio di violenza e crudeltà, entrambe ingenue.
I ragazzi sfidano la sfida di Pierre Anthon mettendo insieme la "catasta del significato", accatastando cioè, in un crescendo di perfidia e sangue, ciò che per ciascuno di loro ha più valore.
Molte delle dinamiche umane sono descritte con impietosa lucidità, suggerendo, secondo me, che l'affermazione violenta del significato della vita è la prova insanguinata dell'assenza di quello stesso preteso significato.
Voltata l'ultima pagina, con ancora in mente alcune scene cruente, si hai infine il sentimento della liberazione: liberazione dalla più inutile delle meschine guerre, quella concepita per imporre un significato, il significato.
"Niente" non termina, infatti, con l'ultima pagina: "Niente" è il disvelarsi della nostra ombra.