La potenza del pensiero razionale si esplica in due atteggiamenti di fondo:
- la creazione di legami tra ambiti che, almeno in prima istanza, appaiono distanti e non correlati,
- la capacità di raccontare i fatti in modo nuovo sulla base degli inediti legami creati e delle ipotesi che ne seguono.
Premetto che la riflessione che intendo qua condividere non ha nessuna radice etica: non intendo cioè dare un giudizio sull’omicidio, bensì proporne un’analisi.
A tal proposito mi riferirò principalmente all’omicidio così come appare nei romanzi noir, in modo che il distacco fornito dalla finzione letteraria consenta quel minimo di serenità che è necessaria in ogni espressione di pensiero, specialmente quando si affrontano temi delicati.
La prima considerazione: nel leggere un romanzo che racconta di un omicidio è impossibile che le intenzioni dell’assassino siano prive di logica. A prescindere da quanto poco condivisibile sia la logica dell’assassino, nondimeno essa sta di fronte al lettore sempre più limpida, pagina dopo pagina.
La seconda considerazione: dal punto di vista di chi osserva l’omicidio, l’atto con cui si spegne una vita si presenta come distruttivo. Per l’assassino la prospettiva è necessariamente diversa: per chi uccide non si tratta di distruggere, o almeno non solo. Se di distruzione si tratta, questo accade per ristabilire un equilibrio che per l’assassino è stato violato.
La terza considerazione: l’assassino agisce guidato da una visione di causalità precisa - la sua logica - tra l’equilibrio da ristabilire e la vittima. Ora: una volta individuato un nesso causa-effetto per cui l’effetto sia qualche cosa di insopportabile, quale meccanismo psicologico riesce a mettere il secondo piano il valore della vita?
La quarta ed ultima considerazione: il valore della vita può essere oscurato solo da un senso di distacco in virtù di un coinvolgimento superiore, che si erge cioè al di sopra della causa e anziché classificarla la giudica. Nel giudizio si fortifica la convinzione della colpa, che alimenta il legame tra causalità ed omicidio.
Il racconto di una colpa non necessariamente è la cronaca di un omicidio, ma il racconto di un omicidio è sempre la cronaca dell’individuazione di una colpa.
I romanzi noir sono il riflesso di un lato profondamente buio della natura umana: le quattro considerazioni di cui sopra possono quindi applicarsi, forse, anche alla vita reale, la quale mostra, a me sembra, che la colpa sia la fonte più letale della volontà di sopprimere vite. La colpa quindi come colpevole fondamentale: il motore dell’assassinio.