Il ragazzo in questione è Uberto, che condividerà i pericoli e l'esaltazione dell'avventura di Ignazio, vivendo con lo stesso una dinamica discepolo-maestro che forse un po' troppo da vicino ricorda, anche se in modo sbiadito, quel che Eco narrò ne "Il nome della rosa".
Completa la compagnia il francese Willalme, dal passato infelice, sanguinoso e sanguinario che mi piace presentare attraverso l'espressione della sua profonda ferita: "Maledico Arnaud-Amaury! Maledico Simon de Montfort! E che Innocenzo III bruci all'inferno, fra i demoni suoi fratelli!"
Il mercante di libri maledetti, di Marcello Simoni |
Quel tribunale è l'ennesimo esempio di potere che esplica originarie nobili intenzioni attraverso crimini volti all'incremento infinito del proprio potere.
Si tratta in questo caso del potere occulto, che un libro, l'Uter Ventorum, darebbe a chi, entratone in possesso, fosse in grado di decifrarne il contenuto.
La visione magica del mondo medievale di inizio Duecento è l'orizzonte mentale entro cui i nostri protagonisti si muovono, pur alimentando l'allora debolissima fiammella di una più fondata razionalità: "Anche le configurazioni astrali seguono un principio razionale e ogni singolo corpo celeste si muove secondo leggi numeriche."
E dico che la fiammella è ancora assai debole, perché le stesse categorie che quella flebile luce illumina sono irrazionali e ambigue: "La verità non è venuta al mondo nuda, ma in simboli e in immagini, insegna il Vangelo di Filippo".
Al centro c'è però un uomo, Ignazio, che seppur distante da noi nel modo di esprimere la propria sensibilità, rappresenta la più radicata e commovente fragilità che in ogni tempo abbiamo noi umani: "Io non sono più niente, solo polvere di un ricordo."