Lo so: questo blog è ufficialmente abbandonato, con tanto di motivazione, dichiarata nel post che precede questo.
Eppure mi è accaduto di incontrare un libro così meritevole di essere descritto che, eccezionalmente, mi trovo nuovamente a dover scrivere di sensazioni. Le sensazioni che Alice Basso costruisce magistralmente con "Scrivere è un mestiere pericoloso".
Vani Sarca, la protagonista, è la pietra angolare, lo sguardo ed il senso della narrazione. Se incontrassi Vani, se esistesse, penso che me ne innamorerei all'istante. Una donna che raccontandosi dice "Taccio più forte" riluccica immediatamente di tesori rari, perché mostra di saper osservare.
Scrivere è un mestiere pericoloso, di Alice Basso |
Come nel ricordo di un campeggio in cui i genitori hanno trascinato la Vani ancor bambina e dell'immancabile terribile barbecue farsa che ne segue: "Intorno a lei, naturalmente, è tutto un allegro brulicare di gente decerebrata che ne va pazza".
Il disincanto filosoficamente gioioso, che fa affermare a Vani "Odio il potere che hanno gli eventi di plasmare le persone" e riconoscere che "La gente non vuole soltanto dirti che cosa fare. La gente vuole la tua anima" si specchia meravigliosamente nel suo controcanto, maschile e di vent'anni circa più in là nel tempo: il commissario Berganza.
Berganza è la realizzazione del silenzio musicale e ricco di umanità che Vani ama.
"[...] una sociopatica controcorrente come me": così Vani si descrive per contrasto con tutto il resto del genere umano, accendendo di tenerezza la sua vivace voglia di quel silenzio.
Al di là della trama in cui la vediamo intrecciarsi, la protagonista esprime la sua essenza con un linguaggio perfetto. Non c'è altro modo di raccontare le parole con cui Vani descrive il termine del barbecue di cui sopra: "Tutt'attorno, i grandi stanno finendo di sistemare. Sono lenti come una morte per dissanguamento."
Grazie al linguaggio perfetto e allo sguardo intelligente di Vani, Alice Basso ci mostra quali tratti disegna in una persona ciò che ormai e da sempre è appannaggio di pochissimi: la limpida onestà intellettuale. Quella, per intenderci, che obbliga a chiamare le cose con il loro nome...