lunedì 6 luglio 2015

"Il monaco che vendette la sua Ferrari”, di Robin S. Sharma

Un’immersione in verità luminose e difficili che ci sono note da sempre: “Il monaco che vendette la sua Ferrari” ci prende per mano e ci spinge e riconsiderare ciò che siamo e la ragione per cui siamo.

"Il monaco che vendette la sua Ferrari”, di Robin S. Sharma
"Il monaco che vendette la sua Ferrari”,
di Robin S. Sharma
La semplicità è maestra e proprio in quanto tale viene rifiutata quando non è rafforzata dalla disciplina, dal silenzio e dalla concentrazione. Si tratta di esperienze che il mondo occidentale tende progressivamente ad isolare e dimenticare: il protagonista, ex-avvocato famoso e ricchissimo, deve recarsi lontanissimo dal suo mondo per rigenerarsi e ritornare colmo di concreta saggezza.

La narrazione si innesta su un racconto mistico, in cui ogni elemento è figura di un fondamento della vita e ci conduce al cuore della questione: sviluppare la capacità di distinguere tra ciò che è urgente da ciò che è importante. E scegliere ciò che è importante, perché, di ciò che è urgente, probabilmente resterà ben poco.

Leggendo questa favola, colma di buon senso, vien voglia di sottolineare moltissimo, per tenere a mente, per ritrovare rileggendo i molti passaggi che ci toccano con semplicità e potenza. Uno su tutti: “Unendo tante ragnatele si può catturare un leone”.

Ho scelto di citare quella frase perché rappresenta, secondo me, la cifra del libro, che invita a realizzarsi pienamente a piccoli passi, senza l'urgenza di giungere al risultato; il protagonista racconta infatti: "Ero stanco di vivere come se mi esercitassi ad un allarme aereo". Quanti si possono riconoscere in questo tipo di stanchezza? Io ammetto di aver provato sollievo a leggerlo, come se mi fossi liberato di un po' della mia ansia quotidiana.

Eppure potrebbe essere tutto molto più semplice. Basterebbe poco. Sharma, par di vederne il sorriso, non si stanca di ripeterci: "Per assurdo, meno ti soffermi sull'obiettivo finale e prima ci arriverai".