sabato 17 ottobre 2015

Copia-e-incolla, di Danny Wallace

"Faccio parte di un'illusione di massa": credo che questa breve affermazione sia la materia di cui Copia-e-incolla è fatto. Da un lato l'inconsistenza, dall'altro la moltitudine in cui quell'inconsistenza di tuffa e da cui riemerge.

E nell'inconsistenza si affaccia a tratti prepotente un'esigenza irrazionale di fisicità"ho anche lanciato una scarpa per il corridoio contro la porta, che poi è rimasta lì, confusa e triste, come un pupazzo di cuoio."

Copia-e-incolla, di Danny Wallace
Copia-e-incolla, di Danny Wallace
Il romanzo è l'affresco dello smarrimento che viviamo, in quanto Occidentali del terzo Millennio, ogni giorno, a partire da quando apriamo gli occhi la mattina: nella foga di affermare chi siamo, abbiamo smarrito il significato della stessa domanda di cui recitiamo la risposta sempre meno convinti.

"Quello che molti non riescono a comprendere - spiega Cockroft, rialzandosi per spegnere il televisore - è che la maggior parte della gente è altra gente" In che senso? Così domanda il protagonista. Ed ecco la risposta: "Le loro idee sono opinioni altrui, le loro vite un'imitazione, le loro passioni una citazione."

Già, perché nello smarrimento in cui siamo immersi, l'unica àncora è il consenso, il reciproco riconoscersi in un qualche ambito e, di conseguenza, l'inevitabile atteggiamento del copia-e-incolla, dalla tastiera del computer alla vita nella sua interezza.

"Lo si vede sempre più spesso ormai, che è più facile vivere attraverso qualcun altro piuttosto che diventare veramente se stessi": chi può negare questa triste ed eterna immagine del mondo umano?

Eppure l'esito non è negativo, perché si prende confidenza con tutto, anche con il prendere congedo da se stessi in quanto unici, comprendendo che: "esplorare è solo un altro modo per dire che non c'è niente di male nel perdersi." 

La copia è un'esplorazione: afferriamo ciò che non siamo per identificarci nell'estraneo, rendendolo così amico.

domenica 11 ottobre 2015

The Newsroom, la sigla: un inno all'Occidente

Anziché di libri questa settimana desidero parlare della sigla di una serie televisiva, The Newsroom. Sì proprio della sigla e solo di quella, senza addentrarmi nella trama della serie, che sviluppa il grandioso contraddittorio simbolo di quel primo minuto.

Prima di proseguire la lettura, il mio suggerimento è: guardate il video, se già non lo conoscete, secondo per secondo. 

Prima di ogni immagine, prima della storia, è l'atmosfera a presentarsi: musica e ritmo delle immagini materializzano la tensione eccitata di chi osserva il mondo, pronto a raccontarlo, fingendo a oltranza che l'aggressività sia la molla di uno scatto morale, "In God we trust".

La notizia è un'esplosione e nell'esplosione scintilla l'efficienza, una tecnologica e affilata efficienza: un arco voltaico che va direttamente dal fatto alla trasmissione della notizia. "On air".

La tazza di caffè, il treno, gli orologi, la lettura frenetica delle prime pagine dei quotidiani del mattino, mentre nel mondo la storia s'avanza e produce informazioni; e la musica a mimare il battito di un cuore impavido in picchiata verso la vita.

Affascina questo minuto: racchiude più ciò che pensiamo di essere, forse, di ciò che siamo. Ed è la testimonianza della nostra capacità di sognare. Non importa quanto crudele il sogno possa essere.

domenica 4 ottobre 2015

Apple Watch: che cos'è? Uno sguardo.

L'Apple Watch si presta ad equivoci che ne annebbiano la portata, quindi, dopo qualche settimana di utilizzo, mi sono chiesto quale fosse il giusto criterio di giudizio per un oggetto così nuovo.

Per rispondere a questa domanda ho fatto un passo indietro e mi sono imbattuto in un'altra domanda, più fondamentale: che cos'è?

Si potrebbe pensare che l'Apple Watch sia un modo più comodo di usare l'iPhone, senza doverlo tirar fuori dalla tasca.

Si potrebbe anche pensare che si tratti di uno smart watch, ossia un'evoluzione dei vecchi orologi da polso che già tanti anni or sono iniziarono ad essere digitali e con tanto di sveglie e giochi e, in alcuni casi, GPS.

Si potrebbe poi pensare che fitness e salute siano la sua ragion d'essere: sembra infatti che già almeno un uomo sia stato salvato grazie all'Apple Watch

apple watch black
Apple Watch Sport
Ciascuno di quei punti di vista, secondo me, non coglie l'essenziale, che peraltro è sapientemente suggerito da una delle sue funzionalità caratteristiche: gli sguardi (glance).

Ma non si tratta solo delle anteprime delle app disponibili semplicemente scorrendo un dito verso l'alto, cioè gli sguardi propriamente detti. 

Quando diciamo "Hei Siri, quanto dista Torino da Milano?" oppure "Hei Siri, domani ricordami di comprare il biglietto del treno quando arrivo in stazione" è come se volgessimo lo sguardo verso il nostro assistente per indicargli come sollevarci da un impegno.

Ed è lo stesso quando controlliamo le calorie bruciate o il battito cardiaco: diamo uno sguardo alla nostra salute con un gesto, un movimento di polso, che è tutt'altro dallo sbloccare l'iPhone, avviare l'app Salute oppure tener premuto il tasto home fino a svegliare Siri. In ogni caso il gesto che avvia il contatto è quasi trasparente, proprio come uno sguardo, mentre tutta la nostra attenzione può essere concentrata sull'informazione che stiamo gestendo.

Una volta che si percepisce l'Apple Watch come uno sguardo, si capisce anche quale sia il criterio per misurarne il valore: quante azioni utili a semplificarmi la vita riesco a compiere senza accorgermi di averlo al polso?

La mia risposta, per il primo Apple Watch, è: molte. Posso chiedere a Siri il significato di una parola, la distanza tra due città, di annotare un impegno, dove ha giocato la Juventus la sua ultima partita, quali film ci sono nei cinema vicini a me. 

Tutto ciò solo inclinando il polso e parlando. Con un rapido sguardo.