“Il ladro di nebbia” ci fa scoprire l'aspetto reale che la magia ha nelle nostre vite: “Il mondo è un posto magico per chi sa coglierne i segnali”.
La storia del protagonista, Antonio M. Fonte, si misura con buona parte degli aspetti decisivi della vita: la ricerca del proprio passato, la lotta con quella parte di noi stessi che ci nasconde quello che siamo stati, l'esempio negativo dei genitori nella faticosa altalena amore-sospetto-odio-accettazione.
"Il ladro di nebbia", di Lavinia Petti |
Ma Antonio affronta anche lo iato tra la dolcezza sognata e la rude tenerezza della donna che ama, pur perdendola ancora prima di conoscerla: perché in lei, Genève Poitier, egli si specchia da subito, dalla notte dei cristalli.
E come nel luccichio anche ingannevole di mille cristalli, attraversiamo la grandiosa invenzione di Tirnaìl, laddove tutto ciò che fu perduto viene raccolto.
Tirnaìl è una terra insidiosa, ma Antonio non è solo perché insieme a Genève, il futuro di fatica e amore, che lo sorregge e lo bacchetta, anche Edgar, pittore che ha perso l'ispirazione, il passato che fecondo accompagna Antonio, gli fa da scudo e consigliere fedele.
Lavinia Petti ha saputo infondere al suo romanzo fantastico e profondamente umano il perfetto respiro, necessario al farsi strada nella mente del lettore del battito cardiaco di una storia.
Terminata l'ultima pagina si ha la straordinaria sensazione di non aver letto un'opera di fantasia, bensì la nostra vita sotto forma di favola: se ne esce arricchiti, quasi fossimo noi lettori ad aver iniziato a ritrovare ciò che, forse senza accorgercene, oppure con dolore, perdemmo.
Terminata l'ultima pagina si ha la straordinaria sensazione di non aver letto un'opera di fantasia, bensì la nostra vita sotto forma di favola: se ne esce arricchiti, quasi fossimo noi lettori ad aver iniziato a ritrovare ciò che, forse senza accorgercene, oppure con dolore, perdemmo.