domenica 10 maggio 2015

"L'amica americana" di Margherita Oggero

"L'amica americana" è il solo romanzo in cui abbia percepito che sfondo e soggetto sono felicemente invertiti di ruolo: anziché usare gli eventi per tratteggiare lo sfondo ai personaggi, Margherita Oggero è riuscita a rendere gli animi dei personaggi l'arena dei fatti raccontati.

Lo studio della psicologia della protagonista, Camilla, così come di ogni altro personaggio, si fa parola e sintassi: pare di essere nei loro pensieri e non osservatori dall'esterno, per quanto privilegiati dagli espedienti narrativi.
Di ciascun moto psicologico seguiamo il personalissimo ragionamento, più o meno condivisibile proprio perché intimo e spontaneo in ognuno, che si fa strada e naufraga nelle tempeste di emozioni.
Solitudine, rimpianto, rimorso, violenza, risentimento, disgusto, tentennamenti, passione, istinti: moltissimi dei pennarelli che colorano l'umanità sono usati con maestria, dando l'impressione di riassumere buona parte di ciò che siamo, almeno in questa tarda era occidentale in cui siamo immersi.
Ambientato in Torino, pare che la città, con i suoi luoghi più noti e simbolici, sia la protagonista silenziosa che si muove nel paesaggio vivo e umanissimo dei pensieri, delle azioni e dei desideri dei personaggi. 
Vi sono rappresentate molte età: la bambina, la giovane, la quarantene, il quasi quarantenne, la cinquantenne, l'anziana. Di ogni età appaiono le caratteristiche più stereotipate ed autentiche.
C'è anche il cane - e ci sarà modo di saggiare anche i suoi di pensieri - fedele e scodinzolante: è colui che senza parola e senza concetto pur comprende l'essenza.
In sintesi, come dicevo in apertura, "L'amica americana" inverte le prospettive e grazie a questa tecnica riesce a far emergere l'autenticità dell'umanità di cui racconta.