domenica 26 luglio 2015

"La vita è sogno", di Pedro Calderon de la Barca

Come sono arrivato al diciassettesimo secolo ed ho incontrato uno scritto di Pedro Calderon del la Barca? Semplice: tramite il dialogo che da sempre i libri intessono tra loro, citandosi: in "Colomba", di Dacia Maraini, Zaira è traduttrice e tra i lavori che affronta c'è la traduzione di "La vita è sogno". E non solo, ma non è questa la sede per rivelazioni inopportune sul romanzo di Dacia Maraini.

Quando un libro me ne indica un altro e lo indica con partecipazione, mostrando che di quell'altro testo porta i segni e la matrice, non resisto: devo conoscerlo. Eccomi quindi a raccontare la mia esperienza di "La vita è sogno".

Anzitutto non si tratta di un romanzo, bensì di un dramma filosofico-teologico.

E' possibile opporsi ad un destino già scritto e noto, in quanto rivelato dalle arti divinatorie? Gli eventi che si svolgono nel dramma rispondono, con disperazione e forza, a questa domanda.

Orgoglio, ferocia, dispotismo: questo il destino contro cui opporsi e a cui dare, pur con l'inganno di un finto sogno, la possibilità di manifestarsi con più nobili sembianze.

Ma si tratta anche di un padre, Basilio, il Re di Polonia, che priva il figlio, Sigismondo, della libertà e, in definitiva, della vita. La responsabilità di un Re che pone il proprio popolo al di sopra del naturale amore per il figlio: "Oh principe sventurato, nato in un triste frangente!"

Il parto da cui nasce Sigismondo uccide la madre e quando viene liberato dai suoi ceppi, che ne incatenano il destino, ancora Sigismondo uccide e vuole uccidere ancora. "Cos'è la vita? Delirio." Eppure in quella nebbia di odio attecchisce l'amore per una donna e vi permane, pur se sbiadito.

Ma l'ingannato destino trova comunque una via per realizzarsi: "Destino, andiamo a regnare: e non svegliarmi se dormo; e s'è realtà, tiemmi sveglio". Così Sigismondo, liberato dai ceppi dal popolo che ne invoca il comando, contro il Re, contro il padre, che si arma a sua volta contro il figlio: "dove la scienza errò, vinca l'acciaio".

L'inverso che caratterizza il dramma si fa storia e Basilio l'affronta: "Se Dio ha scritto ch'io muoia, o se la morte mi aspetta, oggi la voglio affrontare e guardarla dritto in faccia".

E ancora una volta tutto muta, come da sogno a veglia pur restando nel sogno. Forse.